L a storia di Marco

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Sin da piccola sono sempre stata abituata a vedere l’indifferenza, credo che quest’abitudine mi sia stata data in dono alla nascita, un po’ come la coperta di Linus, ciò non significa che io ne sia immune, anzi non ci si abitua mai.

Vederla applicata ad altri in una via centrale di una città come se ciò che stava accadendo fosse normale, quell’indifferenza mi amplifica il disdegno verso la specie Umana, ma bisogna raccontare i fatti.

Di storie accartocciate, come pagine di un giornale ormai passato, buttate per strada in balia del vento, ne ho viste, ma quando quel foglio di carta ti arriva dritto in faccia non ti resta che aprirlo con cura e leggere la storia.

Stamattina sono andata a Lecce insieme a mio padre, dovevamo fare tappa in un negozio.

Come sempre, dopo una serie d’imprecazioni da parte di mio padre per un parcheggio non trovato, finalmente il suo desiderio si è esaudito.

È consuetudine, quando siamo insieme, di andare a prendere un caffè sempre al solito bar; una volta entrati l’abbondanza di profumi e offerte riempivano il naso fino alla nausea

Presa la nostra tazza di caffè, ci siamo recati al negozio distante – si e no – meno di cinque metri: usciti dal bar ho visto, proprio di fronte al negozio, un uomo a terra, una donna ed un ragazzo, che cercavano di soccorrerlo.

Mi sono precipitata per cercare di dare aiuto: l’uomo era a terra in un lembo di raggio di sole, ho chiesto cosa fosse successo.

Il ragazzo mi ha detto:

– «È un senzatetto, si è spostato dal suo solito posto alla ricerca di sole, perché aveva freddo. Ho chiamato vigili urbani, ho chiamato il 118, nell’eventualità avesse un malore ma non sono ancora arrivati. Non mi dice come si chiama, ciò che ha detto è solo: “NON HO PIU’ NIENTE DA PERDERE”, e che ha tanto freddo». Intanto lo accarezzava e gli parlava.

Mi sono girata verso quel SEMPLICE supereroe e gli ho detto:

– «Stamattina ero giù, la solitudine mi stava attanagliando, poi ho visto voi e mi avete cambiato la giornata. Grazie per ciò che fai!».

Mi sono offerta di andare a comprare almeno un plaid, ma Fabiola, la signora che era insieme al ragazzo e che poi ho scoperto essere la moglie del proprietario del negozio dove ero diretta, mi ha proposto:

– «Se aspettate qui a fargli compagnia, io ho sempre in macchina qualche coperta. Sai, le porto dietro perché da queste parti mi capita spesso di dover soccorrere qualcuno per la notte.»

A quel punto mi sono avvicinata, mi rimbombava in mente quella frase: NON HO PIU’ NIENTE DA PERDERE! Mi sono avvicinata e gli ho detto:

– «Vedi io sto lottando con un tumore al cervello, eppure credo che, se mi arrendessi, avrei tutto da perdere da questa vita, quindi lotto! E poi oggi tu mi hai dai una grande lezione di vita».

Intanto lui mi ripeteva a sua volta:

– «NON DEVI MOLLARE, LOTTA!».

– «Anche tu devi farlo, perché hai tanto da fare. Vedi, oggi mi hai dato una grande lezione, che puoi insegnare al mondo intero: questa lezione si chiama dignità, e ti ringrazio». Ho risposto

– «Ora dimmi come ti chiami».

E lui con un soffio di voce: «Marco».

Dopo qualche minuto, Fabiola ha portato la coperta, lo hanno coperto mentre il ragazzo continuava ad accarezzarlo, intanto io e Fabiola ci siamo spostate e lei mi ha raccontato la sua storia.

Marco era un imprenditore edile. Aveva soldi e famiglia. Con la crisi del settore ha perso tutto e in quel momento tutti i suoi conoscenti e persone amate, non potendo più ricevere beni materiali, gli hanno voltato le spalle, così ha iniziato a vivere per strada, accettando l’indifferenza e la discriminazione.

Oggi avrei potuto scattare una foto per testimoniare l’accaduto, non per esigenze social, piuttosto per rielaborare la sua immagine secondo una ispirazione creativa, e potervi narrare questa storia con ciò che so usare meglio, con ago e filo. Ma la dignità che Marco mi ha dimostrato non deve essere lesa, così mi limito ad affidare alle parole il mio racconto, a dirvi che aveva gli occhi verdi, pieni di un dolore infinito, e a testimoniare la tenerezza di un ragazzo-supereroe, che mai ha smesso di accarezzarlo.

La giornata di oggi non era fredda, eppure Marco sentiva freddo nel cuore, perché aveva bisogno di abbracci. Forse per questo il ragazzo-supereroe ha continuato di accarezzarlo anche dopo l’arrivo della coperta.

Si è alzato seguendo l’invito del ragazzo-supereroe:

– «Su, dai, alziamoci. Facciamo due passi, la coperta la porti con te».

E gli ha teso la mano.

Li ho seguiti con lo sguardo: si allontanavano, eppure sapevo bene che sarebbero rimasti, come un punto fermo, nel mio cuore e nella mia memoria, perché quel foglio accartocciato con tutti i personaggi di questa giornata, l’ho aperto e ripiegato con cura nel cassetto della mia anima

La nonna mi ripeteva spesso: «La vita è una ruota: gira! Ciò che pensi non ti accadrà mai potrebbe accadere esattamente adesso. Quindi non giudicare, non discriminare, perché domani potresti aver bisogno anche tu di quella mano tesa.

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